«Ho un rammarico fortissimo. Non è stato semplice ottenere il finanziamento per le Case dei Papà Separati quando ero assessore ai Servizi Sociali del Comune di Latina ed ora vedo il progetto andato in fumo».
A parlare è Patrizia Fanti, che contatta il giornale Il Caffè dopo la notizia dei tre appartamenti di via Scipione L’Africano occupati e svaligiati. «Io sono entrata in assessorato quando avevamo il dormitorio che funzionava solo nei mesi invernali. Quella del dormitorio era un’iniziativa che c’era solo a Latina, presa poi ad esempio anche da Aprilia. Inizialmente c’erano 20 utenti, poi siamo arrivati a 65. Non tutti erano senzatetto: molti erano padri separati che per ottemperare agli obblighi di legge nei confronti di moglie e figli trascorrevano la notte nel dormitorio. Da qui abbiamo preso spunto per presentare il progetto della Case dei Papà Separati all’assessorato alla Regione Lazio. Era il 2012. In qualità di architetto ho preparato un progetto ben fatto che comprendeva sia la parte psicologica e sociale che quella immobiliare».
Perché proprio quei tre appartamenti? «Va detto che nella giunta precedente ero stata assessore al Patrimonio e sapevo che l’amministrazione aveva ottenuto in permuta quei tre appartamenti. Per questo indicai di fare le Case dei Papà Separati in quegli immobili, di proprietà comunale, per non gravare sulle casse comunali. Presentai una delibera per cambiare la loro destinazione d’uso, ottenendo il finanziamento regionale perché il progetto era stato ritenuto meritevole. Grazie ai 200.000 euro arrivati sono stati acquistati arredi ed accessori. Nei giardini pertinenziali addirittura avevamo messo lo scivolo per i bimbi, nei cassetti si trovavano addirittura le posate per mangiare. Le case erano state pensate proprio per accogliere i bambini e poter dare sollievo ai papà che, in questo modo, potevano essere in grado di esercitare la loro genitorialità».
Poi, il declino: «Finché sono stata assessore io, questo progetto era terminato. Stavamo studiando il regolamento, su esempio di Torino e Roma, per permettere l’accesso temporaneo. Doveva solo essere presentato in consiglio comunale. È bastato che uscissi dall’assessorato perché l’iniziativa arrivasse al fallimento, a partire dal fatto che l’indirizzo sarebbe dovuto rimanere anonimo per finire con l’inerzia con cui non si è proceduto allo sgombero degli occupanti. Il mio – conclude Patrizia Fanti – è un rammarico fortissimo».