L’infortunio avvenne il 30 ottobre del 1999. L’ingegnere inciampò nella buca e cadde, fratturandosi il metatarso. All’epoca C.V. aveva 54 anni e fece causa al Comune, sostenendo che quell’incidente era stato causato da un’“insidia”, rappresentata dal marciapiede dissestato, e che l’ente di piazza del Popolo doveva risarcirlo, essendo “custode” della strada. Il professionista sottolineò anche che era caduto all’imbrunire, quando la buca era poco visibile e piena d’acqua. Ma a negare l’indennizzo all’ingegnere sono stati sia il Tribunale di Latina che la Corte d’Appello di Roma, sostenendo che la vittima era caduta a causa di una sua “condotta imprudente”, ritenendo anche che camminare su un marciapiede coperto d’acqua è una “condotta colposa”.
Stessa convinzione della Cassazione, a cui aveva fatto ricorso C.V., portando all’attenzione della Suprema Corte il caso di una buca nella piazza centrale di Latina. Il procuratore generale Pierfelice Pretis ha chiesto di accogliere il ricorso, ma gli ermellini lo hanno ora respinto, ritenendo infondate le rimostranze del professionista. L’ingegnere ha così visto sfumare definitivamente la possibilità di ottenere un risarcimento ed è stato condannato a pagare le spese legali sia al Comune che all’Ina Assitalia.
Clemente Pistilli