Niente cemento nell’area delle mura dei francesi. Quel bene storico che segna i confini della vecchia tenuta Colonna è un tesoro per Ciampino, che deve essere valorizzato e tutelato, lasciando inalterato il paesaggio circostante e mantenendo la suggestiva vegetazione lì presente. Le case popolari previste lì attorno si possono fare altrove. Questa la posizione presa da associazioni e studiosi e fatta propria dal Ministero dei beni culturali e del turismo, con l’apposizione, il 20 novembre 2013, di un vincolo di tutela della cosiddetta area di rispetto delle mura e del portale seicentesco, bloccando di fatto il piano di edilizia residenziale pubblica approvato da Regione e Comune. A rimettere però ora tutto in discussione è il Tar del Lazio, che ha accolto il ricorso presentato da tre cooperative edili. La motivazione alla base dei tanti paletti posti a nuove costruzioni nella zona è stata ritenuta dai giudici insufficiente e il provvedimento con cui è stato applicato il vincolo annullato.
A vincere la loro battaglia davanti al Tribunale amministrativo del Lazio sono state le cooperative Airone, Giusfra e La Conchiglia, decise a costruire i previsti alloggi di edilizia popolare previsti in quella zona. Il vincolo apposto consiste in area di rispetto articolata in tre fasce: la prima di inedificabilità, la seconda in cui sono consentiti interventi compatibili con la destinazione a parco dell’area e la terza di conservazione della vegetazione di pregio. Le coop hanno specificato che la legge, in casi del genere, prevede che i diversi interessi presenti su una zona devono essere ben valutati prima di apporre il vincolo, impugnato dallo stesso Comune di Ciampino. E la Soprintendenza sapeva che il Comune intendeva realizzare lì piani di edilizia residenziale pubblica. Le stesse cooperative inoltre avevano proposto delle soluzioni alternative per l’area da tutelare, una per limitare la fascia di inedificabilità a trenta metri dalle mura e l’altra a cinquanta, ridotta però a sole due particelle. Una valutazione che ha convinto il Tar. I giudici hanno infatti sostenuto nella sentenza ora emessa che “un apprezzamento di tali interessi e della loro recessività rispetto a quello tutelato tramite il vincolo fosse necessario”. Troppo scarna la motivazione della Soprintendenza, che ha giustificato il provvedimento del 2013 sostenendo che quel tipo di tutela era “la minima indispensabile necessaria per tutelare il bene”. Il vincolo è stato così annullato e le case popolari potrebbero vedere la luce.